COSI PICCOLI, COSI BUGIARDI
I bambini cominciano a
mentire fin dai 3-4 anni
Ma niente paura: è
normale
E a volte... imparano in
famiglia
Riproduzione parziale
dal n. 117 di "Noi, genitori & figli" del 30/03/08
di Paola Abiuso
Così piccoli, così bugiardi. Dal classico «Non sono stato io» davanti a un
soprammobile rotto al più sofisticato «Ho perso il diario» per nascondere una
nota, l'infanzia è costellata di piccole grandi bugie. E se fino a qualche anno
fa gli psicologi concordavano sul fatto che fino a 7-8 anni di età nella
menzogna non c'è malizia ma solo fantasia e immaginazione, adesso gli esperti si
ricredono. Sì, perché le teorie più recenti fanno scendere fino ai 3-4 anni
l'età a partire dalla quale la paura di una punizione induce un bambino a
ingannare un adulto, sebbene non conosca ancora il concetto di bugia. Più
avanti, verso i 9-10 anni, il bambino arriva a una idea meno "rigida" della
morale, e accanto alle più classiche delle bugie, solitamente finalizzate a
evitare le punizioni o comunque qualcosa di sgradevole (quanti mal di pancia
tattici il giorno della verifica...) oppure a dar voce a desideri profondissimi
(l'esempio più tipico è quello dell'amico immaginario), imparano anche la
tecnica della dissimulazione, l'arte cioè di non dire una bugia tacendo una
parte della verità. «Ho preso ottimo in storia», racconta Matteo, quinta
elementare, omettendo di aggiungere che però la maestra gli ha appioppato appena
sufficiente in grammatica. Quando la mamma lo scoprirà - perché lo scoprirà... -
Matteo potrà sempre sostenere di essersene dimenticato. Infine, durante
l'adolescenza, la bugia «rappresenta un modo per affermare la propria identità
-sostiene la psicologa Monica Tognoni, autrice del saggio "Perché i bambini
dicono le bugie" appena uscito per l'editore Giunti (pag. 128, euro 8) - e
continuare a tracciare il percorso evolutivo verso l'autonomia».
TUTTO NORMALE
Niente paura, però: i genitori non si spaventino di fronte a un figlioletto al
quale talvolta spunta un naso da Pinocchio. «E del tutto normale, fa parte della
natura umana», assicura Monica Tognoni. E del resto, si può ben dire che in ogni
casa i bambini trovano fonti di ispirazione: quando ci neghiamo a una telefonata
indesiderata («Digli che non ci sono»), oppure quando di fronte alla paletta del
vigile neghiamo disperatamente l'evidenza della nostra infrazione, oppure quando
obblighiamo il pargoletto a profondersi in gridolini di gioia e ringraziamenti
davanti a un regalo orrendo... «E importante spiegare ai figli che esistono vari
tipi di bugie, compresi quelle che in gergo chiamiamo "bianche": sono quelle che
si dicono per educazione o per mettere a proprio agio le persone. Insomma, sono
bugie innocue», continua Monica Tognoni. Bugie bianche a parte, l'esperta
consiglia di evitare reazioni nevrotiche anche di fronte a quella che appare
come una menzogna bella e buona. La frase tipica di un genitore: «La bugia te la
leggo in faccia», a un bambino risuona come un invito a studiare meglio il suo
atteggiamento e la sua mimica facciale in modo da farla franca.
L'IMPORTANTE È NON ESAGERARE
Quando la bugia non è saltuaria, però, se da una parte è comunque consigliabile
non esagerare con la repressione o con l'arrabbiatura, d'altra parte è
necessario andare alla radice della faccenda. «Perché non hai detto la verità?
Lo sai che bisogna essere sinceri perché insieme possiamo trovare una soluzione.
Vediamo cosa si poteva fare di diverso anziché mentire»; questa potrebbe essere
una buona via d'uscita. Se insomma la falsità diventa per il bambino uno stile
di relazione, allora è il caso di preoccuparsi perché dietro di essa possono
nascondersi problemi più seri. Ad esempio quando il piccolo in classe millanta
grandi successi sportivi o avventure mozzafiato, è possibile che abbia un
deficit di autostima e che stia cercando di apparire migliore e di farsi
accettare dal gruppo per quello che non è. «In questi casi è fondamentale la
collaborazione tra scuola e famiglia», raccomanda la Tognoni. Gli insegnanti
fanno bene a segnalare ai genitori le "sparate" dei loro alunni, perché da lì si
può iniziare a ripristinare concetti come il valore della propria persona, la
sincerità, l'amicizia. E da parte loro, i genitori non dovrebbero sottovalutare
le bugie che celano desideri o tensioni. Mario, 12 anni, ad esempio, diceva ai
compagni che il padre si fermava sempre ad assistere ai suoi allenamenti di
nuoto. Non era vero. «Se si fosse intervenuti invitandolo semplicemente a
smettere di mentire -osserva Monica Tognoni - molto probabilmente si sarebbe
persa un'occasione per capire con lui l'importanza di questo desiderio». Dalle
bugie dei figli, insomma, i genitori possono imparare sempre qualcosa. ♦